sabato 4 luglio 2009

Top Secret: storytelling, secondo discorso


Continua il mio percorso avanzato nel Toastmasters: il tema comune ai miei prossimi cinque discorsi sarà lo storytelling.

Il secondo progetto, Let's Get Personal consiste in: "Storytellers often create and tell their own stories. Use your own experiences and observations to build a story that will entertain listeners.
Outline the story, paying close attention to plot, setting, characters and conflict.
Then fill in dialogue and description. Strive for images so real that everyone can see them. Personalize the story and keep it short. Use natural gestures and body movements."


Ho scelto per questo progetto di raccontare un'esperienza che mi è capitata durante il mio anno di militare.

Buona lettura a tutti!

"Comandi!"
Il mio primo giorno di miliare comincia così, in una calda giornata di agosto.
Presidente, cari amici e ospiti, buona sera. Quello che sto per raccontare è top secret e ufficialmente non è mai successo. Vi prego di non parlarne con nessuno.
Posso contare sul vostro silenzio?

Il mio secondo giorno di militare inizia col mio ricovero in infermeria: per quasi due settimane gli ufficiali medici non sanno decidersi tra un'ernia inguinale e un'appendice infiammata.
Così, decidono di mandarmi all'ospedale militare di Baggio, qui a Milano.
Appena arrivato, mi consegnano la divisa da malato: un pigiamino azzurro ultra sbiadito e una sacca rosso/marrone slavato dove mettere i pochi effetti personali consentiti.
Le pareti dell'ospedale sono anonime e squallide: in tema perfetto col nostro look da malati. Intorno a me, visi smorti e vetri rotti alle finestre.
Sembra un manicomio.
La mia stanza è al primo piano: un lunghissimo corridoio deserto e silenzioso con una trentina di porte a destra e a sinistra.
La mia è la prima, l'unica occupata del piano che condivido con un ragazzo, Luca: lo trovo a letto che si contorce dal dolore.
Siamo soli e moribondi e non c'è nessun altro. Nessuno.
Provo a intavolare una conversazione e tra una fitta di dolore e l'altra mi racconta del suo passato da pugile, pesi massimi.
Ho una strana sensazione, ma cerco di tranquillizzarmi: andrà tutto bene.
Mi sbagliavo di grosso.

E' sera e il dolore di Luca aumenta ancora.
Finalmente arriva l'ufficiale medico che, dopo averlo visitato, decide di non dargli nulla.
Si spengono le luci: io provo a dormire. Impossibile. Luca urla di dolore.
A parte me non c'è nessuno ad ascoltarlo. Nessuno.
Riaccendo le luci.
Cerco il cicalino per chiamare soccorso, ma è rotto.
Provo a parlargli, ma non serve a molto.
All'improvviso scatta in piedi: lo vedo stendere il lenzuolo, piegarlo per il lungo fino a formare una specie di fune che poi trasforma in cappio.
Luca si guarda in giro e poi si chiede ad alta voce: "E ora dove lo appendo?"
"Cosa vuoi fare?"
"Impiccarmi", lo dice come se se fosse "devo fare pipì"
"Non credo sia una buona idea"
"Cazzo, Mi fa male! Se non mi danno ascolto, ", il dolore smorza le sue parole, poi conclude sussurrando tra i dolori, "ci penso io!"
Impossibile farlo ragionare.
Siamo entrambi malati, ma lui è messo peggio di me e riesco a immobilizzarlo.
Lentamente tutto torna alla normalità e lo faccio stendere a letto.

Non so quanto tempo sia passato, quando all'improvviso fa capolino il caporale di turno.
"Tutto bene?"
Io non so cosa rispondere, Luca tace.
Il caporale guarda me, poi guarda Luca, poi guarda il suo letto "Hai tutto il lenzuolo appallottolato"
"Ehm" dico, "veramente quello è un cappio"
Il caporale sbianca, sembra quasi un cadavere.
"Tranquillo, è tutto passato. Ho risolto io", gli dico.
"E quindi?", farfuglia non appena si riprende.
"Niente, ora vediamo se riusciamo a dormire".
"A dormire?", poi aggiunge "Ah, ok. Magari ripasso più tardi" e se ne va.
Io e Luca riprendiamo a parlare: non mi fido, passerò il resto della notte sveglio.
All'improvviso mi si chiudono gli occhi e mi addormento anch'io.
Mi sveglio di colpo: ho paura di trovarmi davanti il corpo di Luca impiccato al soffitto.
Per fortuna dorme: io tiro un sospiro di sollievo, ma non dormo più.
Finalmente arriva l'alba.
E' un nuovo giorno.
Non ci sono medaglie al valore ad attendermi.
Non ci sono riconoscenze per qualcosa che ufficialmente non è mai successo.
Ma da quel momento, ogni soldato o ufficiale della caserma, mi ha salutato come se fossi un eroe.
Un eroe, voluto dal caso.

Davide Giansoldati

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