Quale storia racconta questo foglio di carta che sembra una pergamena?
O forse c'è una mappa del tesoro che va scoperta e interpretata.
Chi l'ha scritta?
Chi l'ha ricevuta?
Chi la vuole ad ogni costo?
Questa è una storia che aspetta di essere raccontata...
... e io sono curioso di leggerla ;-)
A voi la penna
Davide Giansoldati
2 commenti:
Cara Anita, tanto tempo è passato dall’ultima volta nella quale insieme eravamo spensierate, ricordi quando, ogni cosa ci appariva divertente e giocosa? Era l’età in cui avanti a noi si prospettava un lungo cammino, poi d’improvviso, le nostre strade presero percorsi diversi. Chi poteva immaginare che l’equilibrio della nostra esistenza potesse rompersi così all’improvviso, come se ogni goccia della nostra quotidianità andasse a riempire quel vaso degli eventi sino a farlo traboccare rompendo quel punto che ci ha consentito di restare unite fino allora. Oggi ho trovato questa vecchia foto che ti mando e che mi fatto precipitare nell’angoscia del ricordo di quell’estate e dell’evento che ha determinato il nostro allontanamento.
Ora posso dirti che io non mi sono mai sentita responsabile per quello che è successo! Gianni non era un ragazzo spensierato, come lo descrivevi, era introverso e gli accadimenti hanno dato ragione che nessuno poteva intervenire a cambiare il corso per il suo progetto interiore, cosa potevamo fare noi due quando Ilenia aveva deciso di lasciarlo? Gli siamo state accanto, lo abbiamo sostenuto ma, evidentemente non era sufficiente, per uno che inseguisse pensieri di abbandono, nessuno di noi due potevano riportarlo alla ragazza che aveva perduto. Una voragine si era aperta nel suo mondo interiore, forse, già c’era un pozzo profondo ricoperto da una membrana sottile che al primo scossone si è lacerata lasciandolo precipitare. Che cosa potevamo saperne noi? Che cosa poteva saperne il negoziante che gli ha venduto la fune?
Non so, chi e come mai quest’albero è stato fotografato, e perché mi ritrovo fra le mie foto, questa! Un segno del destino? Chissà! E’ tempo di pacificare le nostre anime di perdonarci per il passato, forse fra noi quel filo che ci univa si è spezzato irrimediabilmente o forse è questo il momento per ricongiungerlo. Non potremo saperlo se restiamo chiuse nel nostro dolore, se non sciogliamo i nodi del ricordo. Non potremo saperlo standocene in pugni chiusi.
Restituendoti questa foto io vengo a te come un tempo pronta a ricominciare.
Ero piccolo.
Aprii gli occhi e sotto un sole cocente mi accorsi che ero rimasto solo, completamente.
Trentacinque gradi all'ombra decisamente troppi per chiunque abbia intenzione di vivere a lungo, anche nel deserto.
La carovana era partita ormai da ore e nessuno aveva notato la mancanza di un piccolo sporco orfanello, a chi mancavo? non ero un bambino socievole. Mi proposero di seguirli solo perchè mio nonno era un vecchio rispettato all' accampamento; ora neanche lui c'era più.
Avevo sempre badato a me stesso, sapevo che sarei riuscito a cavarmela anche in quell'occasione, in un modo o nell'altro.
Qualcuno dei miei vecchi compagni di viaggio si era preoccupato di abbandonare una qefiya di lana scura, vicino a me, indispensabile per un beduino, il deserto è tentatore, uccide, e quel brandello di lana mi sarebbe sicuramente servito per non cuocermi il cervello.
Ibn-Qadd mi aveva insegnato tante cose sul deserto, avevo solo bisogno di poter riflettere a mente fresca sul da farsi, così presi la qefiya, me la avvolsi attorno alla testa e viso e con i mie undici anni di vita e di esperienza mi incamminai giù per le dune, pregando il mio Allah.
Poca acqua nella borraccia di pelle e quasi ninte cibo.
Il viaggio era cominciato da ormai 3 giorni ed era impensabile fare retromarcia per avvicinarmi nuovamente all'oasi; sapevo che per di là non avrei trovato provviste.
Inutile agitarsi.
Come un uomo presi in mano la mia vita, ancora una volta.
Continuavo a camminare sotto il sole cocente, pensando a tutt'altro che alla fame e alla sete. Le labbra più ruvide della carta vetro, la saliva impastata ai granelli di sabbia che persistenti, si intrufolavano in ogni piccolo buco, nel naso, nei vestiti nelle scarpe; decisi diconcedermi mezzo sorso di acqua e due dei miei quattro datteri......
Ci sarebbe ancora tanto da scivere..
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